lunedì 2 maggio 2016

"Sospiri d'anice" Dal libro Carezze Korazze & Skizzi di Vita pag. 29

Amsterdam
2000

Trafitta come una ninfea acquatica rosa e bianca,
da un pugnale d'argento dal manico d'avorio.
Immobile sonnambula cullata solo
dal pianto trasparente
che scivola sui petali di madreperla
della camicia da notte.
Nuca bambina, odorosa di trecce bionde disfatte,
e profumate, di bianchi confetti da matrimonio
dall'animo di anice...
rompersi adesso sulle labbra del carnefice

giovedì 28 aprile 2016

"Sguardo" Dal libro Carezze Korazze & Skizzi di Vita pag. 25

Capri
settembre - 1995

...attraverso la vetrata
che dà nel giardino prezioso
della tua capanna d'oro
incrocio il tuo sguardo d'ambra
dai bagliori di giada tigrata,
incorniciato dalle alghe di corallo
nero delle tue ciglia.

mercoledì 27 aprile 2016

"Amore su Misura" Dal libro Carezze Korazze & Skizzi di Vita pag.22



Roma 1984


Mio sposo dell'anima, dei sensi, del cuore
non sarà facile placare la sete di te
nell'animo arso, nel cuore a brandelli, tenuto da
mille spilli come un abito di sartoria in prova.
Un sentimento imbastito
una prova su misura, una intesa appiombo,
un modello non confezionato,
nuovo ogni volta; con accorgimenti più raffinati... che
non passano mai di moda

sabato 7 novembre 2015

Le donne che abitano in me. Capitolo 3

Un tè con ognuna di esse con:  

Paola Nazzaro, Autrice del libro Carezze Korazze &skizzi di vita. Edito da Progetto Cultura
Anna Rita Guaitoli, Giornalista, critica letteraria, studiosa del Segno Grafico
Pasqualina Cioria, Psicologa, Psicoterapeuta



Grazie alla lettura del libro, al rincorrersi delle emozioni, 3 donne, 3 menti diverse si sono incontrate e ritrovate davanti a un tè a chiacchierare del più e del meno. Per confrontarsi, andando oltre le apparenze, oltre le Korazze. Donne che credono nella forza creatrice delle mareggiate interiori.

NELL’OMBRA DEL DOLORE

(A. R. Guaitoli, Grafologa) - E quando il dolore è “troppo”, come diceva la Psicologa la volta scorsa, quando non trova compensazioni né via di uscita, può diventare deflagrante.
Sto pensando ancora alle “donne” che abitano in Paola. Mi ha sempre colpito constatare come certe ferite provochino un dolore che si manifesta nella scrittura con violenza. Così, infatti, si rivela nella scrittura di quella provocatrice che è stata Marguerite Duras: sempre oltre i limiti, con i suoi amori, le scelte politiche, l’autodistruzione con l’alcol.
In questo caso parlo di scrittura nel doppio senso. La scrittura come organizzazione del pensiero lascia intravedere nelle frasi brevi, spezzate, essenziali, piene di silenzi, la volontà di scrutare, di ascoltare le voci di sottofondo: perché tutto, ogni particolare, ritrovi senso.
La scrittura in quanto segno che rimane sulla carta subisce nel tempo diverse metamorfosi. Piccola, controllata, come quella dei diari scritti tra il 1943-1949. Poi, sempre più movimentata, diseguale, farà trapelare emozioni che sono vissute fino in fondo, talvolta in modo scomposto, così da attivare una vera angoscia. 

Certo, c’è la forza della traiettoria a dire la costanza del progetto; ma la scrittura dalle numerose irregolarità che oscilla, si schiaccia, cade, trema, urla la violenza di ferite profonde che possono attivare volontà distruttive.
 (P. Cioria, Psicologa) - Il dolore non deve essere visto come un nemico ma piuttosto come un maestro di vita. Il corso della vita è pieno di dolore, di perdite e separazioni. Il dolore e la sofferenza guidano l’uomo fin dal primo momento in cui viene al mondo e fino all’ultimo dei suoi giorni. Il piacere e il dolore sono esperienze primitive a cui  siamo esposti fin dalla nascita e lungo tutto l’arco della vita. Il dolore è una sensazione molto soggettiva, difatti, la soglia del dolore sia fisico che psicologico, è diversa in ognuno di noi. Chi lo percepisce più forte, chi meno. Se, per il dolore fisico, ci possono essere delle soluzioni che aiutano ad alleviarlo, per quanto riguarda il dolore psicologico, non esistono “pillole magiche”. Il dolore è la risposta psicologica che, in genere, si nota davanti a una perdita, è la reazione emotiva che affiora per non aver più qualcosa o qualcuno. Questa reazione non ha solo tratti emotivi, ma anche fisici e sociali.
Come dicevamo, il dolore è presente fin dalla nascita, se, infatti, pensiamo alle prime ore di vita di un bambino, possiamo vedere, come già questi siano traumatici. Da subito si iniziano a sperimentare sensazioni dolorose come la fame, la sete, il caldo, il freddo, crescendo, la dentizione ecc. Con il tempo aumentano la frustrazione e la sofferenza in diversi ambiti. Tuttavia, se il dolore e la sofferenza non superano una certa soglia, sono necessari alla crescita e allo sviluppo della persona, viceversa quando non si riesce più e gestirli.
Per quanto ognuno di noi si preoccupa di evitare o diminuire il dolore, purtroppo è una realtà esistenziale. Provare dolore è naturale, esso ha mille sfaccettature e ognuno ha i suoi dolori che vive a modo suo, ognuno ha le sue catastrofi. Qualunque sia la fonte del nostro dolore, dobbiamo essere consapevoli che per riprendersi dallo stesso occorre tempo. Per superare il dolore innanzitutto bisogna affrontarlo, non scappare, non bisogna negare a sé stessi e fingere che non lo stiamo provando, bisogna esprimere le proprie emozioni e i propri sentimenti. Può essere molto utile parlarne con qualcuno. Ed è di fondamentale importanza continuare a vivere la propria vita.
Ogni difficoltà è un’occasione di crescita per sé stessi. La vita ogni giorno ci pone ostacoli sul nostro cammino ma ricordiamo che anche la notte più buia lascerà spazio al nuovo giorno!
(A. R. Guaitoli, Grafologa) - C’è sempre un’ombra, dietro il dolore. Un’ombra cui spesso non si sa dare nome. Un’ombra che rischia di inghiottire.
Come nel tuo impressionante dipinto, Paola. Il giallo dello sfondo non ricorda più gioia o vitalità: nell’ambivalenza dei significati, qui, è il giallo citrino dello zolfo-veleno, il giallo freddo del tradimento.
A poco servono quei biglietti dei baci Perugina che vorrebbero forse ricordare speranze antiche. Ma tu che dici di te, Paola? Della tua ombra?


(Paola Nazzaro) - All’ombra del dolore prendono forma le mie impalpabili e sontuose ombre, che, non più dissolte nell’assenza, divengono muta presenza.
Sta a me decodificarle, dar loro un volto, un nome, un’appartenenza , sta a me ascoltare quanto vogliono dirmi.
Parlare razionalmente della propria ombra è un’impresa ardua, come imprigionare il fumo in una mano; posso farlo chiedendo il supporto di linguaggi, arti diverse, attraverso la forza del colore, del segno grafico o della traccia incisiva della scrittura.
Mi è sempre interessato interfacciarmi a qualsiasi forma artistica espressiva valida, se adoperata per esprimere le percezioni del mio magma interiore del mio anelito spirituale. Soltanto immergendomi nel silenzio oscuro posso portare alla luce quella parte inquieta di me stessa.
È necessario tutto il mio coraggio per percorrere la selva intricata delle emozioni, delle passioni e degli amori illusori, per fare conoscenza non solo, della mia ombra ma specchiarmi in quella di un altro, che ho scelto, davanti alla quale mi sento sedotta da qualcosa di irreparabilmente misterioso a cui istintivamente so appartenere.
La forza della mia immaginazione e della creazione si amplifica quando un’altra ombra sembra accogliermi nel suo mistero. Sento appartenere a qualcosa di tangibile da togliermi il respiro, una melanconia e al contempo una violenta lucidità di qualcosa che è perduto per sempre.
La violenza della lucida consapevolezza, del colore giallo citrino, del dipinto citato, porta la luce acida “dell’accettazione inaccettabile” e del già passato.
I bigliettini dei baci Perugina, sono come frammenti, testimoni silenziosi di dolcezze amare, di un amore non più rinnovato. Quei testimoni di scippi di un tempo non reversibile divengono sentinelle silenziose, accompagnandomi dal paese dei balocchi dell’innocenza, al mondo adulto, conservando nello sguardo lucido una purezza avvelenata. La forza della traccia grafica prende consapevolezza, le fiamme tremule del candeliere, seppur fioche, sono portatrici di luce, amplificano i contorni delle ombre nelle pareti di me stessa e la luce della coscienza prende forma.
Tuttavia, imparare a convivere con la mia ombra, è un esercizio di individuazione e conoscenza di me stessa, custodisce la chiave delle mie attitudini e può fornirmi l’audacia necessaria per abbassare il ponte levatoio del mio riservo, del mio pudore, per gli attacchi frontali con la vita.

(P. Cioria, Psicologa) - Il dolore è solo dolore, è simile a un’onda che va e viene, il grado di sollievo che proviamo dipende solo da come lo affrontiamo. Dobbiamo imparare a conviverci, accettandolo e vivendo la nostra vita in modo attivo. In genere, quando non siamo focalizzati solo ed esclusivamente nel dolore, quando gli diamo il giusto peso, sembra che esso faccia meno male. 


lunedì 13 luglio 2015

Le donne che abitano in me. Capitolo 2

Un tè con ognuna di esse con:  

Paola Nazzaro, Autrice del libro Carezze Korazze &skizzi di vita. Edito da Progetto Cultura
Anna Rita Guaitoli, Giornalista, critica letteraria, studiosa del Segno Grafico
Pasqualina Cioria, Psicologa, Psicoterapeuta

Foto e Decoro Paola Nazzaro
Grazie alla lettura del libro, al rincorrersi delle emozioni, 3 donne, 3 menti diverse si sono incontrate e ritrovate davanti a un tè a chiacchierare del più e del meno. Per confrontarsi, andando oltre le apparenze, oltre le Korazze. Donne che credono nella forza creatrice delle mareggiate interiori.

I SOGNI SON DESIDERI?
(Anna Rita, Grafologa) - Cosa c’è di più sogno di quello di Alice (ovviamente, di “Alice nel paese delle meraviglie”)? Tra l’altro, anche lei, ha il suo tè.



Sai Paola, il collegamento ad Alice è quasi obbligatorio visto che nella tua prefazione sottolinei che “… era tempo di attraversare lo specchio di Alice… “.


E sì, care amiche, per farlo ci vuole coraggio. Ne abbiamo discusso. Ma in questo caso vorrei mettere l’accento sul coraggio di "congiungere" la parti diverse di sé. La fantasia, il “sogno”, può aiutare a trovare le immagini di noi che sono divise. E magari darci la spinta al viaggio della conoscenza: come è stato per l’Alice di Carroll.
Ma, qui, vorrei sentire la Psicologa. Fino a quando sognare, immaginare, fantasticare, può essere utile?

(Pasqualina, Psicologa) - La necessità di fantasticare è soggettiva. I sogni si differenziano in base all’età. In genere, i bambini e gli adolescenti sognano di più in confronto agli adulti, per loro sognare è fondamentale per esplorare nuove condizioni. Per quanto non finisce mai la tendenza a immaginare il futuro, man mano che si cresce, i sogni diminuiscono. Certo è che i momenti in cui ci si ritrova persi a sognare ad occhi aperti sono svariati, da quando si vive una situazione di stress, di frustrazione, di noia, a quando ci sentiamo come “fuori posto” rispetto al nostro mondo reale. Sognare ad occhi aperti è frequente ed è un’esperienza che appartiene alle normali attività della mente durante la quale si rielaborano informazioni della vita vera di ciò che si è e che si vive. Ovviamente, ogni persona ha il suo vissuto e il suo “mondo fantastico”, pertanto, ogni persona sogna in base alla propria realtà. I sogni possono aiutare a concretizzare i nostri propositi, indicano le aspettative, i desideri e le paure più nascoste. Sognare è un po’ come vedere una sorta di film nella nostra testa, che in alcuni momenti, può persino cambiare il nostro stato d’animo, fornendo relax e intrattenimento. Inoltre, fantasticare su qualcosa che rende felici, può aiutare a vivere meglio situazioni difficili.
Sognare fa bene, specialmente quando i sogni ci rincuorano e fa bene, soprattutto, quando si sognano cose realizzabili. Sono controproducenti, invece, quando essi diventano una fuga dalla nostra realtà, quando sono troppo rigidi e quando sono irrealizzabili. Secondo Klinger, i sogni aiutano a ottenere il massimo dal nostro cervello e sono una risorsa individuale indispensabile per affrontare la vita.
Citando Hermann Hesse: “Bisogna trovare il proprio sogno perché la strada diventi facile. Ma non esiste un sogno perpetuo. Ogni sogno cede il passo a un sogno nuovo. E non bisogna volerne trattenere alcuno”.
Di per sé, quindi, fantasticare può essere un bene ma come in tutte le cose, l'eccesso fa male.

(Anna Rita, Grafologa) - Sapete cosa diceva George Sand, una delle donne “che abitano” in Paola? “… un sogno che attraversa il cervello basta per sconvolgere tutta un’anima…” “… e io sentivo la mia volontà slanciarsi verso un nuovo periodo del mio destino. – Allora è là che tu sei? mi diceva una voce interiore; bene! cammina, avanza, impara”…
E’ stato così, per te, Paola?

(Paola Nazzaro) - Il sogno per me è stato il mio schermo privato sul quale ho proiettato, alimentato le mie attitudini creative, ho cercato di ascoltarle nel silenzio della notte per dar loro forma. 
Il mio mestiere di costumista ha molta attinenza con il mondo dei sogni. Se pensiamo che dall’orizzontale di un copione cartaceo dobbiamo verticalizzare un’idea, darle la forma dei sogni che la storia e il regista chiedono di evocare.
Quante volte ammiriamo un abito e diciamo che è un abito da Sogno!!! Tutte le donne eleganti o misteriose che ho vestito le ho dipinte ma ancor prima le ho sognate, immaginando di essere e vivere le avventure di personaggi straordinari di epoche passate dei film in bianco e nero.
Ho amato Eraclito, cercando di perseguire il suo monito. Egli diceva che bisogna volere l'impossibile affinché il possibile accada.
Ho sognato fortemente nei vari campi del mio lavoro contaminando e interfacciando la pittura con la scrittura, con le immagini in movimento del cinema, con la suggestione della teatralità o con il glamour di una passerella della moda mixato alla strada.
Ho molto sognato da bambina ad occhi aperti e chiusi, alimentando il mio mondo onirico con i suoi chiaroscuri e le sue ombre che ha contribuito fortemente alla costruzione della ragazza prima e alla donna artista che sono diventata.
Personalmente, quando ho l'impressione di non sognare più, mi sembra che qualche luce si spenga dentro di me come un interruttore che vada riattivato del consenso di riaccendere la miccia poderosa dei sogni che desidero realizzare.
Parlavamo della rabbia, la quale per me è una forza che saputa incanalare ha un valore salvifico. Per anni ho convissuto pervasa dalla rabbia. Essa può essere una forza distruttrice ma anche una grossissima fonte di forza, di coraggio, di riscatto nel lottare per te e per gli altri.
Ho cercato di non dimenticare, praticando l'esercizio della memoria trasformandola in traccia scritta, così, come gli elefanti non dimentico. Oggi sogno un sogno reale che riscatti i miei sogni che hanno subito degli incidenti percorso.   

(Anna Rita, Grafologa) - Mi fermo allora su George Sand. Anche lei una donna che di coraggio, certo, ne ha avuto. Che ha inseguito i suoi sogni. Che ha attraversato lo “specchio” non tanto per unire le parti di sé che possono divergere: ma per riconoscerle, prima, e farle accettare, poi - anche da lei stessa - come compresenti.
Sand, in quella prima metà dell’800, ha messo tutto alla luce del sole, davvero in modo “coraggioso”, talvolta provocatorio. Vi voglio mostrare come, nella sua scrittura, si evidenzia la presenza di diverse “anime”.



Quando scrive così (e sarà così soprattutto nelle scritture del periodo in cui a Parigi lottava per affermarsi come poeta e come donna che ha diritti di libertà ed eguaglianza) la “vediamo” vestita da uomo e con sigaro in bocca. La sua scrittura è tutta tesa ad affermarsi: decisa e rapida procede verso la destra, piena di angoli, con affondi risoluti, con un tratto carico e appoggiato.
La Sand, però, riesce ad esprimere altra parte di sé nel tracciato grafico che si arrotonda, allentando la tensione: è la donna che, pur nella sua autonomia e nella capacità di affermarsi, sa accogliere, sa farsi ricettiva, sa dare calore.


Paola Nazzaro) - E' davvero incredibile vedere fotografate nelle scritture due anime. Che qui, nella Sand, convivono. 

(Pasqualina, Psicologa) - Purtroppo spesso non è così. E allora, ci può essere tanto dolore, troppo. Di questo parleremo al prossimo tè!