venerdì 12 giugno 2015

Le donne che abitano in me

Un tè con ognuna di esse con:  

Paola Nazzaro, Autrice del libro Carezze Korazze &skizzi di vita. Edito da Progetto Cultura
Anna Rita Guaitoli, Giornalista, critica letteraria, studiosa del Segno Grafico
Pasqualina Cioria, Psicologa, Psicoterapeuta




Grazie alla lettura del libro, al rincorrersi delle emozioni, 3 donne, 3 menti diverse si sono incontrate e ritrovate davanti a un tè a chiacchierare del più e del meno. Per confrontarsi, andando oltre le apparenze, oltre le Korazze. Donne che credono nella forza creatrice delle mareggiate interiori.



PC - Osservando la copertina si capisce quanto sia predominante il coraggio di Paola che osa, guarda oltre, non si ferma alle apparenze. È così?

PN –
“Io voglio l’impossibile, voglio sempre volare, io distruggo la vita ordinaria, corro incontro a tutti i pericoli dell’Amore” (Anais Nin).
Dalla copertina del libro che ho creato in un collage pieno di simboli, ho osato distendere una donna nuda scesa dalla sua motocicletta di acciaio rilucente, che ha sganciato la sua corazza metallica, lasciandosi infrangere dall’onda risanatrice fresca della vita. Una donna che si concede il lusso di essere e basta che non ha più voglia di coprire le sue nudità. Da qui nasce l’importanza di andare oltre le apparenze, l’importanza di approfondire chi siamo realmente dietro la copertina patinata di un libro o di un ruolo che rappresentiamo o da chi siamo protette da uno schermo virtuale.

PC – Paola dice di aver trasformato il dolore in vita, cosa che ripetutamente troviamo pagina dopo pagina e per fare questo ha avuto il coraggio di lasciare le apparenze. Il coraggio è un po’ “soggettivo”, ognuno lo vive a modo suo. Quando nasciamo, siamo provvisti delle emozioni e una di queste è la paura che ha una funzione protettiva davanti al bisogno di compiere passaggi evolutivi. Essa ci serve per organizzare il nostro mondo, la nostra vita. In alcune circostanze la paura si trasforma in una sorta di paralisi, avendo la percezione di vivere senza una via di uscita, cresce a tal punto da diventare invasiva, limitando la nostra vita e facendoci indossare la “Korazza” di cui parli nel libro. Quando, invece, pensiamo di saper controllare un momento, una situazione, per quanto ci faccia paura, essa diminuisce, lasciando il posto alla razionalità che si attiva per trovare una soluzione. Provare paura è del tutto normale e ci pone dinanzi al considerare i rischi, è importante, però, che non superi una certa soglia che non ci fa più vivere bene. Bisogna, quindi, imparare ad affrontarla, fin da bambini, riconoscendo le sue svariate forme. Per contrastarla viene in aiuto il coraggio, che altro non è che l’altra faccia della paura. Un vecchio proverbio dice: “la paura che viene guardata in faccia, diventa coraggio”. Contrariamente alla paura, innata, il coraggio va sperimentato attraverso le nostre esperienze, è uno stato mentale che non corrisponde minimamente all’assenza di paura ma alla consapevolezza che esiste qualcosa di più importante di essa, il coraggio corrisponde all’avere fiducia nelle proprie capacità. Non provare paura è da imprudenti, ignari dei rischi che si corrono. Anche per vivere ed essere felici ci vuole coraggio, quel coraggio di scegliere con la propria testa, di abbandonare gli schemi, le convinzioni errate, di assumersi le proprie responsabilità, di agire consapevolmente e di cambiare la propria vita per vivere felici.
Non sarà facile ma nemmeno impossibile ma di sicuro ne varrà la pena. Paola cosa ne pensi?

PN –  Ci sono circostanze speciali nella vita in cui sai che una decisione importante può competere solo a te stessa.  Talvolta, quando si è completamente soli ad effettuare una scelta che segnerà la nostra vita, non si tornerà più indietro, ti tremano le gambe dalla paura dell’ignoto, la paura che può paralizzare le tue azioni e hai quella percezione che stai per lasciare definitivamente il mondo dei balocchi per indossare gli anfibi chiodati della vita .... Personalmente ho avuto un modo solo per governare la paura, puntarle in faccia la lampada fredda dell’interrogatorio spietato ma necessario della realtà con me stessa, parlando per immagini cinematografiche, tipo bere o affogare. Oltre ad un indubbio Dna che fa parte del mio percorso formativo, il coraggio è un’attitudine, o che lo si ha come corredo genetico o come esperienza acquista, come il coraggio che mi ha trasmesso mia madre di andarsi a prendere ciò che si sente di appartenere, di andare incontro alle proprie attitudini e ai sogni. Mia madre non si è mai opposta alle mie stramberie di bambina o adolescente bizzarra precoce esistenzialista che pattinava di notte in una provincia sonnacchiosa e rassicurante. Non volevo rassicurare nessuno e nemmeno me stessa. Non ho mai desiderato ciò che desideravano le altre bambine; il lieto fine nel il mio sogno proibito di bambina era diventare una grande Scrittrice come Anais Nin, George Sand, Wirginia Wholf, Colette e trascinavo i miei segreti in valige consumate. Quello era il mio tesoro, la mia eredità, testimone la scrittura mia amante fedele segreta non mi ha mai tradito, mai abbandonato ma per un’eccellente resa le passioni vanno alimentate, esercitate con sacrificio, disciplina e tempo sottratto al tempo. Si, la sola definizione del coraggio non è sufficiente per rappresentare la forza necessaria per competere, ritagliarsi e costruire la propria fetta di vita.

PC – Una sorta di viaggio interiore andando oltre le apparenze della copertina alla ricerca di te stessa?

PN - Vi racconto passo per passo la mia interpretazione alla copertina del  mio libro:
1)  La  motocicletta d’acciaio, (simbolo di conoscenza in bilico sul tracciato della vita)  che dopo molti kilometri di percorrenza pare voglia  ristorarsi anch’essa nelle turchine onde dalle soffici pennellate celesti.   
2) L’impudica Venere (Alexandre Cabanel “La nascita di Venere”) dell’onda è divenuta nel libro la mia  Valchiria Metropolitana che indossa pezzi di korazza d’acciaio, ginocchiere protezioni di metallo da Gladiatrice contemporanea, indubbiamente una venere korazzata.
3) La korazza è slacciata sul  un fianco sinuoso  di un biancore madreperlaceo antico  è offerto  all’onda di piacere del mare. Le onde rappresentano  i miei skizzi di vita, attimi puri di felicità impalpabile e cristallina, forti come diamanti come  scogli indelebili, come muri di cinta per le mareggiate  delle nostre emozioni.
4) La korazza simbolica, necessaria per essere al mondo, composta dalle cementate ferite attraversate, divenute  un sommerso iceberg di incomunicabilità e gelo necessario per proteggersi e tutelare la nostra la purezza, la nostra sperdutezza ed impreparazione alla vita, dove i “basilari fondamentali” sono stati acquisiti sul Ring della vita.                         
5) Il Faro  puntato sul manubrio, simbolicamente, rappresenta la voglia di  coscienza,  di introspezione; la luce come veicolo di  individuazione di sé stesse. Una luce forte, fastidiosa, da interrogatorio militare ma necessario  per il mio DNA, per la mia sete di luce e chiarezza ma soprattutto per affrontare il nemico più feroce,   il sabotatore più spietato e sotterraneo:noi stesse.!         
6) Il Korpetto in tessuto pregiato ed in tinte pastello rappresenta il mio lavoro di costumista  di creatrice di sogni ricamati di  libertà  nel ricercare uno stile su misura che evochi  mondi culturali interiori                                                          
7)  Sul fondo del collage della  copertina  del libro c’è un frammento con  una mano curata dallo smalto rosso lacca, ella sostiene simbolicamente un busto di giovane donna, le cinge la vita per sostenerla e darle coraggio prima di andare in scena, sul palcoscenico della vita di tutti i giorni.                                                                       
8) I petali di rose che fanno da cornice a questa  liberata femminilità palpabile rappresentano una conquista  un passaggio dalle tenebre, dai sotterranei di me stessa al sole del meridiano  sentire; dal nero delle mie tute di pelle, giubbotti  bicker  indossati per anni,  sotto i quali mi sono nascosta e protetta. Il rosa rappresenta il consenso, la consapevolezza della propria  femminilità, armonia conquistata nella sfida vinta in Lady Bourlesque, Sky1 nel Coraggio di  portare in scena le mie eroine interiori, le mie scrittrici artiste di mondi elegante& Retrò  di donne cosmopolite, viaggiatrici indomite ribelli alle convenzioni, icone sorelle di carta,  scrittura, pittura, danza che sono state  l’ossatura della mia formazione di ragazza e  poi di donna artista che sono diventata.                                                    
9) Lo specchietto retrovisore che appare in alto, appuntito come un’ascia di metallo cromato, rappresenta lo specchio dell’esperienza. Il guardarsi concettualmente le spalle, costantemente prima che qualcuno possa fotterti il lavoro, un’idea o qualcosa di prezioso che  ti appartenga. Essere di guardia come una sentinella interiore. Lo specchietto retrovisore è per me un simbolo di un’identità di donna non più infranta in tanti specchi, ma ricomposta.                   
10) Una marmitta cromata  appuntita, affilata come un pugnale o una penna stilografica, rappresenta per me il suono del nostro motore interiore,  del moto perpetuo della nostra mente o il segno grafico della traccia del nostro percorso, un livido inciso sulla nostra anima. Un pennino affilato può  essere anche un’arma potente contro le convenzioni contro il sistema omologante.

PC – Calzante con l’intero libro e con la tua personalità. Anna Rita a te ha colpito questa copertina? Cosa ne pensi?

ARG - Valchiria e strass rosa. Un bel contrasto, non c’è che dire.
Il segno tormentato dei disegni, scuri nella riproduzione, con molto nero negli originali ha valore espressionistico, rivelando nell’immediatezza che dietro il ‘rombo’ non c’è pace. Estasi, forse. Cercata, voluta, fino a stordirsi.



Eppure, nella scrittura scoppiettante di immagini felici e di ricche improvvisazioni linguistiche, irrompe - diventandone elemento portante - la razionalità, la volontà di sapere.
Non poteva che colpirmi un contrasto simile.
È indubbio che indichi un coraggio non comune. E il coraggio ha bisogno di essere alimentato.
Dall’aggressività, per esempio.
Proprio all’inizio, proprio in una nota che dici “dell’autrice”, riporti una frase di Colette che sottolineava, di una donna appartenente “all’epoca delle sfrontate”, una “calligrafia aggressiva”.
Colette è stata un personaggio di rottura, senza dubbio. E di coraggio ne ha avuto tanto. A proposito, questo è un esempio della sua grafia.


Così piena di inchiostro, sostanzialmente morbida, con aste che sembrano incurvarsi per accogliere, eppure con lanci decisi e lettere che si fermano prima di proseguire verso l’altra lettera, verso l’altro.
Che ci sia energia, non c’è dubbio. Freudianamente si potrebbe parlare di “libido”.
È aggressività? Quanto può essere stata di aiuto al “coraggio”?
Perché lei, Colette, che coraggio ha avuto e lo ha “sperimentato attraverso le esperienze” come indicava Pasqualina, è riuscita anche a trovare un punto di equilibrio tra le contraddizioni (non solo a livello grafico).
Anche tu, Paola, tante esperienze. Attraversate con coraggio, se sei arrivata a questo. Ma è sufficiente dire “coraggio”? Quanto ti è costato? Hai ancora l’aggressività per continuare?

PN – Mi è costato tanto ma non potevo sottrarmi alle mie responsabilità, sapevo di dover dare il via ai lavori di restauro e alle impalcature, solidificare le fondamenta della mia esistenza e non potevo continuare a vivere nella tempesta di ghiaccio interiore nel quale mi ero ibernata  e protetta.  Non nascondo che nel percorso dei fili  di resistenza si sono bruciati, li ho medicati, ed ho ripreso il cammino per nuove virate e nuove sfide. Talvolta c’è qualche intermittenza, come con il carica batteria, allora devo fermarmi e mettermi in carica.  Ho ancora la grinta per nuovi traguardi.

Sono stati necessari molti anni affinché avessi il coraggio dell’esperienza e della consapevolezza nel tempo per denudare un aspetto di scrittura lirica, occultata, appartenuta alla mia adolescenza, chiusa, murata viva in cappelliere antiche coperte da strati di carte veline, misteriosi cappelli velati e una collezione di stilografiche dall’inchiostro azzurro pallido poi verde metallizzato di gusto retro’, quello insieme a tre valigie di cuoio profumate di usura del tempo. Ho avuto la necessità di proteggere la mia parte di poetessa lirica e decadente, costruendo fuori la mia solida korazza per affrontare il mondo del lavoro e propormi invincibile, dotata di super poteri come un Fumetto. Creando la mia alter Ego, attraverso la scrittura, sono diventata una “Bambina d’acciaio” per affrontare quello che c’era li fuori, ma nelle stanze segrete di me mi sono concessa il lusso del tempo di coltivare un monologo ininterrotto con la mia parte nuda ad uno scrittoio interiore e candeliere sgocciolate di ricordi. Il velo del pudore ha custodito per anni questa sperdutezza di essere troppo piccola per capire come funzionava il mondo, troppo grande  per tirarmi indietro. Ho dovuto attrezzarmi per venire al mondo, far sentire la mia voce e lasciare un segno. La palestra e i riferimenti nei quali mi specchiavo sentendomi a mio agio con donne scrittrici non convenzionali che hanno pagato il prezzo della loro avanguardia, che osavano pronunciare guardando dritto negli occhi un uomo, come Jene Austen che con queste parole “vivrò della mia penna signore” liquidò il suo pretendente sposo o, l’audace, precoce, Colette dalla scrittura appartenente all’epoca delle sfrontate.
Leggendo le loro parole, scolpite nella mia mente adolescente che inseguiva il desiderio di indipendenza e libertà, non avrei avuto necessità se non di un pennino e un foglio di carta nel mio diario. Avrei viaggiato e osservato il mondo.
Ho avuto necessità di dare firma al coraggio con tutte le mie forze per liberarmi dalle ombre che hanno affiancato la mia vita. Arriva un momento che devi decidere se vuoi sentire di vivere davvero o morire alla vita. Ho scelto di vivere e rispettare i miei chiaroscuri.

PC – Riprendendo l’aggressività, contrariamente a quel che si pensa, il non avere impulsi aggressivi o non possedere il coraggio di esprimere la propria rabbia quando essa è motivata, mette il soggetto nella condizione di divenire una vittima o di non essere preso in considerazione. L’aggressività è intrinseca all’essere umano, contraddistinta da svariati processi emotivi e cognitivi che causano diversi tipi di condotta aggressiva. Essa può avere un doppio effetto: tramutarsi in violenza o in grinta. L’aggressività sana, creativa, consente di agire e di affrontare le situazioni, è opportuna per la riuscita di sé e per difendere la propria identità. È utile per difendersi ma anche per attaccare ove necessario. Comunica all’altro che il suo comportamento non è benaccetto o che non si è disposti a tollerarlo. In alcune circostanze l’aggressività è  indispensabile per assicurarsi il rispetto, per esprimere che determinati confini non devono essere superati. Senza rendersi conto, si possono mettere in atto gesti aggressivi che celano rabbia. La rabbia è una emozione fondamentale e primitiva, è una risposta alla frustrazione sia fisica sia psicologica che, a sua volta, nasce dal dolore, dal non riuscito appagamento di un desiderio, da una impossibilità di procurarsi un piacere, soprattutto associati all’immagine e alla realizzazione di sé.
Anna Rita, Paola cita le sue scrittrici di riferimento. Sarebbe interessante capire cosa ci rivelano le loro scritture. Sono presenti anche in esse elementi comuni con quanto appena detto da Paola?

ARG – A proposito dell’aggressività su cui mi interrogavo: guardiamo, per il momento, la scrittura di Anaïs Nin, tante volte ricordata da Paola.


Sembrerebbe il manifesto esemplare di una grafia “aggressiva”. Indubbiamente, la forte colata di inchiostro viene esaltata dalla presenza, continua e impositiva, di tanti angoli: si formano ovunque, agli apici delle lettere, in basso. Già il rapporto tra questi due segni andrebbe a evidenziare una carica di “aggressività” nel senso di energia che si rinnova. Sarà poi la buona organizzazione dello spazio (tra parole, tra righe), sarà la forte tenuta del rigo che si accompagna a una inclinazione degli assi inflessibilmente rivolta verso destra, a dirci come l’“aggressività” sia stata ben utilizzata per il raggiungimento dei suoi scopi. Del resto, era necessario avere tanta energia a disposizione per portare avanti la rottura degli schemi che la ‘scandalosa’ Anais ha voluto. Una vita intensa, la sua, che è testimonianza di una volontà e di un controllo di sé (graficamente leggibile nella accuratezza della forma) che deve pur avere un prezzo: almeno nei rapporti. Di certo, quegli allunghi uncinati nelle finali ci suggeriscono con immediatezza come deve aver allontanato molti altri pur di portare avanti i suoi progetti. O forse, i suoi sogni: non aveva detto, nel secondo diario, che i “i sogni sono necessari alla vita”?

PC – Di questo parleremo al prossimo tè! 





mercoledì 10 giugno 2015

QUANDO UNA PICCOLA CASA EDITRICE SCOPRE UN GRANDE TALENTO

Quattro anni dall'uscita di Carezze Korazze e Skizzi di Vita. Quattro anni di richieste e successi per un libro che si è rivelato essere un caso letterario.
"Quei fogli appallottolati sul fondo dei cassetti di me stessa" come li definisce l'autrice Paola Nazzaro, sono stati riportarti alla luce, una luce abbagliante al punto di attirare su di sé l'attenzione di innumerevoli lettori. Paola Nazzaro è al centro della ribalta con il suo diario on the road che continua a far parlare di sé grazie allo stile fuori dagli schemi e alla contaminazione tra più generi: narrativa, poesia, quadri e bozzetti.
Lunedì 15 Giugno alle 18.00 la scrittrice centaura presenterà per l'ennesima volta il libro accettando con piacere l'invito della città di Salerno. Nella splendida cornice del circolo dei canottieri l'autrice sarà lieta di ricevere il pubblico e autografare le copie del suo gioiello letterario, una pietra miliare che tutte le donne avranno il piacere di possedere ed esibire grazie alla copertina limited edition tempestata di Svarovski, iper femminile, a contrasto col lato virile della femminilità che scopriamo nel contenuto. Carezze Korazze & Skizzi di Vita è carico di sfaccettate sfaccettature della psiche femminile dove la ricerca costante di introspezione ha dato vita a uno stile narrativo ricamato di forti emozioni, sensi, passioni, avventure che fuoriescono ventilate dalle pagine intrise di benzina celeste, sudori d'amore, petali di rose e carburatori di vita.
Un libro d'altri tempi, dove abitano donne d'altri tempi, gli alter ego dell'autrice, donne coraggiose a cui si è ispirata e che vediamo fare capolino tra le pagine: Colette, George Sande e in primis Anais Nin, alla quale la Nazzaro riserva una dedica in apertura del libro.
Una storia a più voci che ben si presta a trasposizioni cinematografiche e teatrali, progetti ai quali Paola sta lavorando da più di un anno.
Quando l'editore si è trovato davanti la lettura di quei diari dalla copertina lisa in seta glicine macchiata d'inchiostrio con con fogli scritti a mano con la stilografica, si è trovato dinanzi ad echi di mondi lontani, schizzi di vita da non lasciarsi sfuggire.
Marco Limiti di Edizioni Progetto Cultura dichiara di essere orgoglioso della scoperta fatta: "Ho conosciuto Paola Nazzaro come costumista e ho avuto modo di sbirciare i suoi diari. Ho visto un talento che non poteva restare nascosto. Mi aspettavo che il libro sarebbe piaciuto ma il risultato ha superato di gran lunga le aspettative".
Prossimi appuntamenti: lunedì 15 giugno ore 18.00 presso il Circolo Canottieri di Salerno.
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Cinzia Dell'Omo
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